venerdì 30 settembre 2011

Vaffall'AMA

 Stamane, dopo essermi svegliato come ogni mattina alle 6.45 per andare a portare Ludovico e Rocco a scuola (per chi non lo sapesse, sono lo chaffeur di due bambini che vanno a scuola al Convitto nazionale), ho sperato che qualcuno avesse portato giù Raksha (per chi non lo sapesse, il mio boxer di quasi 9 anni) e le avesse dato da mangiare. Invano, ovviamente.
 Appena tornato a casa, verso le 8.25, Raksha stava allegramente leccando un lago di pipì ancora caldo, lasciato in balcone, che ho affanosamente ripulito affinchè non colasse sui passanti. Avendo inoltre notato che il saccheto dei rifiuti organici (per chi non lo sapesse, in casa abbiamo quattro tipi di rifiuti: organico, inorganico, plastica e carta) straripava, me lo sono caricato insieme al cane e sono uscito di casa.
 Sono le 8.30, e sta per succedere qualcosa di molto brutto.
 Da quasi un anno, l'AMA fa la raccolta dei rifiuti organici e inorganici in alcuni quartieri-prova di Roma, per poi espandersi nel resto della città. Per i rifiuti organici vengono addirittura usati dei sacchi biodegradabili, molto leggeri e sottili. Dei camion adibiti a questo lavoro fanno tappe in giro per i suddetti quartieri, e noi siamo così fortunati, che il nostro turno è tra le 6.30 e le 8 circa di mattina.
 Sperando invano (per la seconda volta in due ore) di trovare i camion, ecco com'è stata meravigliosa questa mattinata: il sacco dell'immondizia si è rotto, l'AMA si era volatilizzata e Raksha stava fertilizzando il marciapiede, il tutto più o meno contemporaneamente. Inizio a girare con due buste: una, aperta e che portavo tutta gocciolante in mano, piena di spazzatura (tra cui farro con verdure, Scottex giallo di piscio -vi ricordate la pipì sul balcone?-, scorze di limone, terriccio, rimasugli di caffè, patate e avanzi di pesce), l'altra con le feci del cane. Come se non bastasse, sono dovuto passare proprio davanti alla fermata dell'autobus, affollata di gente, che mi guardava con gli occhi sbarrati e i margini della bocca contratti in un ghigno.
 Infine, tornato a casa, ho dovuto immergere il braccio nel sacco da 12 kg di mangime per cane.
 Thank God Is Friday.

mercoledì 28 settembre 2011

Luglio

Tende blu e nere,
schieramenti opposti
le divide un filo
elettrico.
I cicalii nel pineto
non tacciono mai.
E' guerra.
Poca acqua potabile.
Benvenuti alla Feniglia.


12/7/2011

sabato 24 settembre 2011

Das Wohltemperierte Clavier

 Un breve lavoro di approfondimento sul Clavicembalo ben temperato di J. S . Bach, sperando che possa essere utile e in grado di far nascere qualche curiosità nei miei lettori. I testi da me utilizzati sono Santa Wikipedia (sempre sia lodata), soprattutto per la questione del temperamento, e il libro di Hermann Keller "Il clavicembalo ben temperato di Johann Sebastian Bach. L'opera e la sua interpretazione", Ricordi, Milano, 1991.


 Il Clavicembalo ben temperato,“summa di tutte le opere” (Schumann), è fra le più importanti opere da camera del compositore tedesco J. S. Bach (1685-1750). Contiene un totale di 48 preludi e fughe, che si dividono in due libri, ciascuno dei quali ne contiene 24 e le dispone secondo un ordine tonale e cromatico ben preciso: la prima coppia di brani è in Do maggiore, la seconda in do minore, la terza in Do diesis maggiore, e così via fino al si minore. I due libri del Clavicembalo ben temperato vennero composti in periodi diversi, tra il 1722 e il 1744: il primo attinge dal Klavierbüchlein per Wilhelm Friedemann Bach del 1720 e fu portato a compimento durante la permanenza a Köthen, soggiorno fra i più fecondi del compositore (a questo periodo risalgono i Concerti Brandeburghesi, i Concerti e le Sonate per violino, le Suites inglesi e le Suites francesi…), mentre il secondo a Lipsia, città in cui Bach si spense all’età di 65 anni in seguito ad un infelice intervento agli occhi.




Perché Wohltemperierte?


 Ai tempi di Bach si stava attuando una rivoluzione dell’accordatura, che prevedeva l’adozione del cosiddetto “temperamento equabile”, introdotto dall’organista e costruttore d’organi Andreas Werckmeister.


 Secondo l’accordatura naturale, l’intervallo tra due suoni e rappresentato da una frazione contenente numeri naturali: ad esempio, tra un suono fondamentale e l’ottava, il rapporto è 1:2, così come la quinta naturale è data dal rapporto 2:3, la quarta naturale da 3:4 ecc. ecc. Nel modo maggiore “naturale”, i suoni scaturiscono dai rapporti 1 : 9/8 : 5/4 : 4/3 : 3/2 : 5/3 : 15/8 : 2. Questi rapporti vengono però impiegati solo in limitati casi, come nel canto diatonico monodico e in determinate condizioni nel canto polifonico a cappella (nello stile di Palestrina); se volessimo farne un uso più esteso, incorreremmo in disparità che sono di disturbo e che devono dunque essere “temperate”. La soluzione definitiva, ancora oggi in vigore, fu trovata alla fine del XVII secolo: la suddivisione dell’ottava in dodici parti uguali, appunto il temperamento equabile. I suoi rapporti numerici (tranne l’ottava) si discostano lievemente da quelli naturali, mantenendo però tra i loro suoni una distanza che è indipendente dalla tonalità in cui ci si trova. Solo ora si poté far uso di tutte le tonalità e passare dall’una a un’altra qualsiasi. L’abbandono dell’accordatura naturale fu certo una perdita spiacevole, ma enormemente maggiori furono i vantaggi che ne derivarono alla musica.


 La questione dello strumento


 Con il termine "Clavier" Bach intendeva designare un qualsiasi strumento a corde con tastiera. Dunque clavicembalo o clavicordo? La questione è rimasta irrisolta, ma il fatto che l’estensione del clavicordo (da Do1 a Do 5) non venga mai superata è un punto a favore per questo strumento. Secondo Arnold Schering, la questione non si sarebbe posta all’epoca: se infatti il clavicordo è uno strumento dal timbro e dalla sonorità molto limitate, che lo rilegano più a uno strumento adatto allo studio o di cui godere in privato, il clavicembalo invece viene preferito nelle performances in spazi più ampi e in presenza di pubblico. Tuttavia, il bello del Clavicembalo ben temperato risiede proprio nello sforzo di ogni esecutore, che sia pianista, suonatore di cembalo o clavicordo, di estrarre quelle peculiarità di ogni preludio e fuga che non si addicono ad uno strumento in particolare, ma a una musica il cui contenuto va ricercato al di là del timbro musicale. Dal momento che nessuna interpretazione potrà appagarci per intero, la nostra fantasia sarà continuamente stimolata a produrre qualcosa di nuovo, così che l’esperienza del Clavicembalo sarà unica e totalmente personale.


 Lo stile


 La più antica raccolta di preludi e fughe è l’Ariadne musica di Johann Caspar Ferdinand Fischer, pubblicato nel 1702, con 20 preludi e fughe anch’essi disposti cromaticamente per tonalità maggiori e minori: appare evidente come Bach abbia assunto l’opera a modello. Il Primo Libro è caratterizzato da un forte legame tra un preludio e la fuga corrispondente, in cui quest’ultima si riflette; qualora questo rapporto fosse insufficientemente evidente, Bach aggiunse una sezione finale nella quale v’è un accumulo tensivo, che rende più diretto il trapasso nella fuga: è questo il caso dei Preludi in do minore, do diesis minore, Re maggiore, re minore, mi minore, fa minore.
 I tempi estremamente diversi in cui nacquero le composizioni del Secondo Libro spiegano la mancanza di unità stilistica paragonabile a quella del Primo. Suppliscono però a questa mancanza la maggiore varietà di forme, soprattutto nei preludi, e l’alta sostanza musicale di un gran numero di brani composti nell’ultima stagione creativa bachiana. La ordine cronologico dei brani è deducibile dalla sola analisi stilistica dei singoli preludi e fughe, dal momento che mancano punti di riferimento più precisi. Ad esempio, la maggior differenza tra il Primo e il Secondo Libro è la ricca varietà che quest’ultimo presenta nelle fughe: alcuni si avvicinano alla sonata classica (con il tipico schema Esposizione-Sviluppo-Ripresa), altri sono invenzioni a due voci (re diesis minore, mi minore e la minore) o simili a movimenti di suite (do minore, Mi maggiore e Sol maggiore), altri ancora sono preludi organistici (Do maggiore e sol minore) o prendono la forma di un movimento di concerto barocco (Mi bemolle maggiore, Fa diesis maggiore, La bemolle maggiore e si minore). Per quanto riguarda le fughe, queste sono 13 a tre voci e 11 a quattro (mancano perciò quelle a due e cinque voci). Accanto a fughe dal fitto lavoro contrappuntistico (Re maggiore, Mi maggiore, fa diesis minore, La bemolle maggiore e si bemolle minore) se ne trovano altre meno severe come quelle in fa minore, Fa diesis maggiore, Si bemolle maggiore e si minore. Quattro sono fughe doppie ( do diesis minore, La bemolle maggiore, sol diesis minore e Si maggiore); quella in fa diesis minore è una fuga tripla.